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Liturgia della Domenica (2 luglio 2017): “Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me”

Liturgia della Domenica (2 luglio 2017): “Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me” Liturgia della Domenica (2 luglio 2017): “Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me”
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Non si sa quale esigenza irrita di più ascoltando questo Vangelo: se l’abbandono totale dei legami familiari o il grado di amore chiesto dal Signore. Le parole di Gesù ci provocano fino allo scandalo. Il Signore non ci appare sotto un’altra luce agli occhi della nostra anima? Noi sappiamo che egli è comprensivo, sensibile e dolce. E soprattutto, speriamo che egli alleggerirà il fardello della nostra vita. Sorpresi, persino spaventati, indietreggiamo interiormente, e cerchiamo - sentendoci più minacciati che conquistati da questo Vangelo - di difenderci con la fuga.

Certo, il nostro cammino di fede ci ha fatto scoprire il Signore come il buon Pastore, che “ad acque tranquille ci conduce” (Sal 24,2). Come un Padre, la cui “grazia è nel cielo e la cui fedeltà fino alle nubi” (Sal 37,6). Soltanto una cecità spirituale ci impedirebbe di vedere il minimo segno dell’amore di Dio nella nostra vita: nella sicurezza familiare, nella salute del corpo e dell’anima, nella consolazione interiore di fronte ai colpi del destino e negli inattesi avvenimenti felici di ogni giorno. È per questo che cerchiamo la presenza del Signore e ci mettiamo al suo seguito.

Ma egli ci fa resistenza quando vogliamo mescolare i nostri interessi personali con la nostra relazione di amicizia. Quando separiamo i doni ricevuti da Colui che ce li dona, per costruire un piccolo mondo egoista alle sue spalle. Noi siamo allora vittime di una illusione, poiché la salvezza e il pieno compimento si trovano soltanto in lui. Perciò egli si erge contro l’egoismo tinto di religiosità, e vuole difenderci dagli inganni e dagli errori. Le sue esigenze, così irritanti, mirano al nostro sommo bene: egli vorrebbe rimanere il fondamento del nostro essere e delle nostre aspirazioni. Colui la cui vita è interamente centrata in Cristo manifesta anche la presenza di Cristo in mezzo ai suoi fratelli. E ciò che vale per il Signore vale anche per l’inviato: accogliere il forestiero, dissetare colui che ha sete, il rispetto dell’apostolo verso il messaggero. Costui ha una famiglia tra i fratelli e le sorelle in Cristo (cf. Mt 12,50).


VANGELO Mt 10,37-42
Chi non prende la croce non è degno di me. Chi accoglie voi, accoglie me.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Parola del Signore


COMMENTO - A cura di Paolo Curtaz (www.paolocurtaz.it)

Il verbo amare usato da Gesù è legato alla philia, l’amore naturale. Gesù, invece, quando parla di amore nei suoi confronti, parla di agape, dell’amore riflesso di Dio. Gesù non pone una contrapposizione, non chiede di disprezzare i famigliari ma propone una classifica di intensità di amore: l’amore connaturale per i famigliari è e resta emanazione/simbolo/rappresentazione dell’amore divino.

E rassicura i suoi: l’amore che egli ci dona, e che siamo in grado di restituire, è di un’intensità che nessun amore umano (bello, straordinario, immaginifico), è in grado di sostituire.

Qualunque esperienza affettiva ed emotiva, qualunque sentimento che sperimentiamo verso una persona (amante, figlio, genitore, amico) è e resta realtà penultima. Gesù esige, pretende di essere il riferimento ultimo perché all’origine di ogni amore. Questo amore che qui viviamo è riflesso straordinario ed interessante, gioioso e corposo di quell’altro amore ben più consistente. Relativizzare le emozioni e i fallimenti, orientare la nostra famiglia ad un percorso di verità, senza assolutizzarla ma godendone con gioia le dinamiche positive ci permette di vivere la dimensione animica della nostra vita.

Essere compagni di viaggio, dono per la scoperta della realtà più forte e profonda: a questo è finalizzata la relazione. Confondere i piani, aspettarsi dalla philia che colmi il cuore è foriero di gravissime conseguenze.

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(Tratto da: www.lachiesa.it - Foto: www.lecceprima.it)