TRINITAPOLI - Lucia Di Fidio è nata a Trinitapoli 71 anni fa e ha insegnato nella scuola elementare di Treviso dove risiede dal 1971.
Con il pensionamento si è ritagliata tempi della vita da dedicare ad attività creative che procurano piacere e soddisfazioni. Come volontaria ha collaborato con la Biblioteca Comunale di Paese, alla quale ha dato il suo prezioso contributo proponendo i titoli dei libri da acquistare e mettendo in ordine gli scaffali.
Grande, inoltre, è stato l’impegno dedicato alla CARITAS dove ha prestato la sua opera nei corsi di alfabetizzazione degli stranieri adulti.
Appassionata di lettura e di viaggi, gira il mondo per conoscere luoghi nuovi e soprattutto per osservare i comportamenti delle persone. E imparare.
Fa parte dell’Associazione 8 Marzo di Castagnole, nella cui sede le donne si incontrano per ricamare, cucire, lavorare a maglia , discutere e“stare insieme”,fornendo aiuto e solidarietà a chi ne ha bisogno.
D. Appena dopo l’unità d’Italia iniziò uno dei più grandi esodi nel mondo: l’epopea dell’emigrazione veneta. I veneti furono costretti ad abbandonare la loro terra e le loro case, in cerca di una nuova vita, dalle foreste del Brasile alle miniere del Belgio. Fu l’inizio di un’emigrazione dalle dimensioni bibliche: fra 1876 e 1901, su una popolazione di circa tre milioni, dovettero emigrare oltreoceano 1.904.719 Veneti. Un simile passato ha reso il popolo veneto molto più disponibile all’accoglienza degli immigrati?
R. L’argomento dell’emigrazione veneta viene affrontato dalle nuove generazioni soprattutto per porre in rilievo i sacrifici che i Veneti hanno dovuto affrontare per sopravvivere e per far raggiungere il livello di vita attuale. In primo impatto, chi viene da fuori è visto come colui che può portare via il lavoro o il benessere conquistato.
A mio modestissimo parere la pessima gestione del fenomeno migratorio da parte delle istituzioni nazionali ha rafforzato questo rifiuto dell’altro poiché i migranti non lavorano e questo, per un Veneto, è insopportabile.
Mi sembra giusto aggiungere, però, che in Veneto sono molto diffusi le adozioni e i sostegni a distanza, soprattutto verso l’Africa e l’India.
D. Quali sono le difficoltà (se ce ne sono state) che una donna del sud, come te, ha incontrato nello svolgimento della sua professione?
R. Per esercitare la mia professione non ho incontrato difficoltà come donna, ma come persona. Mi sono trovata in casa d’altri, quindi, con molta cautela, ho mosso i primi passi. Subito mi sono resa conto che dovevo “dimostrare” di essere capace di rispondere alle aspettative dei dirigenti, dei colleghi, dei genitori. Di conseguenza mi sono impegnata al massimo studiando, ascoltando e lavorando molto.
Tutto questo mi ha fatto crescere e mi ha arricchita, anche se mi è costato molta fatica.
Ho preferito rispondere con i fatti a provocazioni più o meno offensive sui meridionali, quasi sempre dettate da pregiudizi, perciò non degne di attenzione.
D. Questi anni vissuti in una regione del nord Italia ti hanno reso più critica o più tollerante nei confronti dei tuoi corregionali?
R. Quando sono nella mia Puglia non tollero il disprezzo per le regole e per quanto è pubblico.
Altri atteggiamenti, secondo me, fanno parte del folklore locale, perciò mi lasciano ricordi anche divertenti.
Mi piacerebbe, comunque, poter essere orgogliosa della mia terra un po’ più spesso.
ANTONIETTA D’INTRONO