TRINITAPOLI - La poetessa polacca Wisława Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996, nella lirica “Scorcio di secolo”, esprime in versi la delusione di una generazione che aveva sperato di vivere in un secolo meno disumano. “Sono ormai successe troppe cose che non dovevano succedere, e quel che doveva arrivare non è arrivato. Ci si doveva avviare verso la primavera e la felicità, fra l'altro. La paura doveva abbandonare i monti e le valli, la verità doveva raggiungere la meta prima della menzogna. Certe sciagure non dovevano più accadere, ad esempio la guerra e la fame, e così via.”
Questo nostro scorcio di secolo sembra essere ancora peggio: pianeta surriscaldato, disuguaglianze in aumento, epidemie, guerre, crisi dei valori, disinteresse per la politica, astensionismo al 50%, minoranze al potere e analfabetismo di ritorno. In questo lungo “Cahiers de doléances” bisogna aggiungere la disinformazione guidata dall’alto che annulla ogni barlume di critica e di analisi storica degli eventi.
Nel 2020, quando l’epidemia da COVID e la paura sembravano toccare il picco più alto, ci fu qualcuno che seppe lenire la disperazione dei cittadini più fragili. Nessuno lo ha dimenticato. Una struggente piazza vuota con un uomo al centro, vestito di bianco, che portava sulle spalle le sofferenze del mondo mentre dal cielo piovevano lacrime. Improvvisamente, una grande luce. Sul sagrato scintillante di pioggia, la speranza camminò sulle gambe di un vecchio, Papa Francesco, che mise ai piedi del Cristo sulla croce il dolore di tutti gli uomini. Il gesto di umiltà di questo grande uomo colpì tutti, credenti e non credenti, e indicò una strada a chi aveva bisogno di una bussola.
È quello che sta cercando di fare anche in questo periodo il nostro Papa, che considera tutti suoi figli, buoni e cattivi, e che pone la pace dei popoli al di sopra di tutte le ragioni belliche. Ha sollevato, però, molte polemiche l’intervista che ha rilasciato a un giornalista della RSI Radiotelevisione Svizzera per il magazine “Cliché” (video, ndr), in una puntata dedicata al bianco, il colore del bene, della luce, ma sul quale gli errori e la sporcizia risaltano maggiormente. Una delle domande poste dal giornalista è stata: “In Ucraina c’è chi chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca. Ma altri dicono che così si legittimerebbe il più forte. Cosa pensa?” La risposta del Papa è stata la seguente: “È un’interpretazione. Ma credo che è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, bisogna avere il coraggio di negoziare. E ti vergogni, ma se tu continui così, quanti morti ci saranno poi? E finirà peggio ancora. Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio con la guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La Turchia, per esempio... Non avere vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggio.”
Il Papa, per chi vuole capire, ha semplicemente detto che con la bandiera bianca si vuole avviare un negoziato e “non” arrendersi. Questo è il senso delle sue parole che hanno seguito, tra l’altro, il ragionamento dell’intervistatore della RSI Radiotelevisione Svizzera: non una sollecitazione alla resa dell’Ucraina, ma alla sospensione temporanea delle ostilità.
Apriti cielo! Nessuna bandiera bianca: l’Ucraina rifiuta, con sdegno, la proposta che Papa Francesco avrebbe formulato in un'intervista della televisione svizzera, vale a dire l’invito a scegliere la via del negoziato per terminare la guerra con la Russia. “La nostra bandiera è gialla e blu - ha replicato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba -. È quella la bandiera con cui viviamo, moriamo e vinciamo. Non alzeremo mai altre bandiere.”
Illudiamoci che questa incomprensione sia stata causata dalla pessima traduzione dell’interprete, perché diversamente diventerebbe chiaro l’intento di rifiutare ogni negoziato. La storia dovrebbe insegnare che la pace viene fatta tra due nemici e non tra due che si amano alla follia.
ANTONIETTA D’INTRONO