TRINITAPOLI - «Carissimi, è ormai sotto gli occhi di tutti che qualsiasi tentativo di dare vita ad un processo politico condiviso tra le forze e i movimenti del centrosinistra è destinato ad arenarsi portando ad una inesorabile spaccatura.
Quando un anno fa circa ho dato la mia disponibilità a coordinare il circolo PD di Trinitapoli l’ho fatto esclusivamente perché il Partito Democratico fosse l’architrave di un più ampio progetto politico da offrire alla città dopo le tristi vicende amministrative di cui tutti sappiamo.
Tre parole hanno rappresentato le fondamenta di questo percorso che ho sempre pensato dovesse essere vincente, unitario e di rinnovamento.
Un progetto è vincente se è credibile. Ad un certo punto, però, ho preso atto, amaramente, che l’ovvio non era ovvio, ossia che c’è chi gioca a perdere o a non far vincere. C’è chi è in campo, solo ed esclusivamente, in funzione di un nemico: la strada giusta per annunciare, ogni volta, un fallimento. C’è chi, invece, vuole mettersi in gioco, non per un tornaconto di parte, ma per aiutare la città a superare difficoltà, necessità e bisogni rappresentando, semplicemente, una speranza.
Un progetto è unitario se ciascuno delle parti riconosce l’altro legittimandone storie, più o meno lunghe, condividendo priorità, riconoscendo i percorsi politici di provenienza, costruendo insieme quelli futuri. Ho visto, invece, esprimere veti, ostracismi, preclusioni, distinguo, lanciare invettive e giudizi morali con un linguaggio senza filtri, con una imprudenza indecente che ha fatto accumulare sospetti, livori e mancanza di fiducia ed ha allontanato, giorno dopo giorno, dal tavolo di confronto, l’unico obiettivo comune: ridare buona amministrazione a Trinitapoli.
Un progetto è di rinnovamento se energie nuove, competenze maturate, personalità riconosciute ed inserite nella comunità costruiscono un progetto verso il futuro e si lasciano alle spalle esperienze, significative o meno, da cui, comunque, prendere esempio e trarre insegnamenti. Ho visto pezzi di ceto politico entrare a gamba tesa nel dibattito, erigendosi a censori piuttosto che offrire prospettive, dall’alto di visioni politiche che, puntualmente, non sono state espresse, perdendo l’ennesima grande occasione. Sono asserragliati lì, nella loro Fortezza Bastiani, pensando solo a difendersi da incursioni nemiche, nella routine di logiche politiche che hanno consegnato la città a questi lunghi anni di declino. Perché tutto ciò di cui stiamo parlando viene da lontano e nessuno può rinnegare le proprie responsabilità e tutti dovrebbero essere in debito di coscienza.
Ho lavorato in questi mesi con vento contrario, ho fatto ricorso ad ogni barlume di speranza, non mi sono mai arreso, ho cucito e ricucito, ho accelerato e aspettato, ho perso la pazienza e sono stato in silenzio, mi sono fatto scivolare addosso calunnie, diffamazioni e attacchi personali, ma non potevo arrendermi perché, anche questa volta, tutto questo lo avevo messo in conto.
Ogni soluzione prospettata è stata valutata, verificata e analizzata senza lasciare nulla al caso. Ho chiesto responsabilità senza riceverne in cambio, ho chiesto collaborazione e ciascuno giocava in solitudine. Hanno prevalso, purtroppo, egoismi e individualismi. E la comunità era là fuori, incredula e frammentata.
In ogni momento di stallo ho proposto una via d’uscita: le Primarie (respinte), una sintesi esterna (boicottata). Ho avuto mandato di individuare personalità di raccordo in grado di rappresentare un nuovo progetto politico e traghettarlo verso una fase non più straordinaria. Non ho ricevuto disponibilità ma tanta comprensione per la fatica che muoveva ogni mio passo. Ringrazio ciascuno di loro per le parole di stima e di conforto ricevute.
Ho fatto il Segretario di Partito con il mio stile e la mia preparazione sul campo, immaginando una traiettoria e definendone una logica di azione, esplorando ogni possibile soluzione, coordinandomi in ogni fase con i livelli territoriali, ascoltando, soprattutto, le esigenze e le richieste delle persone.
Non ci sono riuscito e questa cosa mi rattrista. Non voglio che sia letto, però, come un atto di debolezza, ma come un gesto di assoluta consapevolezza di quanto si faccia fatica a definire “politica” lo scenario in cui ci troviamo. E su questo non mi attardo in altre considerazioni che, a tempo debito, offrirò alla comunità perché ci possa essere una auspicabile riflessione. Ora non è possibile, non ci sarebbe la serenità, la lucidità e la volontà di farne oggetto di sano confronto. In questo momento mi vengono in mente le parole di una personalità a me cara, Mino Martinazzoli, quando dichiarava: “...io credo che la politica è altrove e che, prima o poi, dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì”.
Ho deciso di rassegnare le mie dimissioni, consegnandovi il contesto che ben conoscete e di cui potrete farvene carico nel pieno rispetto della nostra comunità politica, togliendo a chiunque alibi e motivi di strumentalizzazione in un momento in cui tutti, con urgenza, sono chiamati a dare risposte responsabili senza più tatticismi, strategie, giochetti di bassa lega, sperando che qualche piedistallo crolli e si scenda a contatto con la realtà e con i problemi delle persone.
Infine, umilmente, un appello a tutti: questa Città ha bisogno di essere risollevata e serve l’aiuto di ciascuno. Ma serve una fase nuova. Se prima era un auspicio, ora è una necessità.»
DONATO PICCININO